Nonostante il nome tenda a banalizzare la malattia riducendola a poco più della comune fisiologica stanchezza, la CFS, conosciuta anche come M.E. (Encefalomielite Mialgica – codice IDC 10 G93.3 – classificazione internazionale delle malattie dell’OMS) in Gran Bretagna e come CFIDS (Sindrome da Fatica Cronica da Immuno-Disfunzione) in America, è una patologia caratterizzata da una costellazione di sintomi gravi e molto debilitanti.
La CFS è caratterizzata da una fatica disabilitante, percepita sia come mancanza di forza muscolare sia come esaurimento profondo delle energie sia fisiche che mentali. Può essere accompagnata da sintomi simil-influenzali, come sensazione di malessere generale e febbre, brividi, mal di gola, dolori muscolari o articolari, mal di testa, e da problemi del sonno: quest’ultimo è tipicamente disturbato e non ristoratore, mentre nei periodi di riacutizzazione si verifica una forma di ipersonnia, anche durante la giornata. Sono quasi sempre presenti sintomi di tipo neurologico, come irritabilità, difficoltà a concentrarsi, a mantenere l’attenzione, a eseguire semplici calcoli, e disturbi della memoria a breve termine.
Una caratteristica molto distintiva della malattia è il malessere che segue l’esercizio fisico: gli sforzi fisici sono quasi sempre mal tollerati e producono un netto deterioramento delle condizioni del paziente, che vede molti sintomi peggiorare nelle ore e nei giorni successivi allo sforzo.
Altri sintomi comuni della CSF
Molti altri sintomi vengono spesso riportati dai pazienti e dai medici che li seguono: uno studio nord-europeo, condotto su 1500 pazienti ne ha identificati una ventina, con frequenze statistiche significative: dieci in più rispetto a quelli presenti nella prima definizione di caso, elaborata dai medici del CDC di Atlanta nel 1988.
Sono comuni le manifestazioni gastrointestinali, con un aumento della frequenza della sindrome dell’intestino irritabile, nonché muscoloscheletriche, con presenza di fibromialgia, fascicolazioni, dolenzie generalizzate oppure dolore urente.
Viene spesso riferita ipotensione ortostatica con svenimenti, in particolare quando si passa dalla posizione sdraiata a quella eretta: inoltre perdita dell’equilibrio, tachicardia, tremori, sudorazioni notturne anomale, sensazioni di calore o di freddo estremi su mani e piedi.
La maggior parte dei sintomi, tuttavia, è poco visibile dall’esterno, e l’aspetto del paziente risulta complessivamente buono: questo trae in inganno famigliari, amici e datori di lavoro, che involontariamente tendono a non dar peso alla problematica.
Livelli di gravità della patologia
La malattia può assumere molti differenti livelli di gravità: per alcuni pazienti limita parzialmente la capacità lavorativa, di studio o le varie attività sociali, mentre per altri si può trattare di una forma completamente invalidante, che costringe a letto per anni e che provoca intensa sofferenza fisica. Si tratta comunque di una malattia “benigna”, cioè non mortale, anche se cronica e con un grave impatto sulla vita del paziente.
Il CMO Report (Chief Medical Officer) commissionato dal governo britannico, classifica quattro livelli di gravità della CFS, in base alla capacità di svolgere funzioni:
- I pazienti sono dotati di autonomia operativa e possono eseguire, con difficoltà, leggere attività domestiche. Al fine di mantenere l’attività di lavoro avranno interrotto le attività sociali e relazionali, ricorrono a frequenti assenze per malattia e utilizzano i fine settimana per recuperare l’affaticamento.
- Pazienti che generalmente hanno abbandonato l’attività lavorativa e ridotto notevolmente l’attività quotidiana. Sono soggetti a periodi di recrudescenza della patologia e hanno bisogno di periodi di riposo a letto durante il giorno. Il sonno è disturbato e non ristoratore.
- Pazienti in grado di svolgere solo attività di cura personale ( lavarsi, vestirsi). Hanno severe difficoltà cognitive e ridotta mobilità anche in casa. Raramente escono di casa in quanto lo sforzo richiede lunghi periodi di recupero.
- Pazienti che passano la maggior parte del tempo a letto e hanno bisogno di assistenza per lavarsi e vestirsi. Sensibilità a luce e rumori estremamente elevata, tanto da renderli intollerabili.
QUALI SONO LE CAUSE DELLA CFS?
Nonostante la malattia sia stata descritta nella letteratura medica ormai da quasi venti anni, non è ancora emersa una causa chiara e soprattutto univoca per tutti coloro che ne sono colpiti. Negli ultimi anni l’attenzione della ricerca medica verso la CFS è in netto aumento, e va progressivamente concentrandosi su una potenziale disregolazione del sistema immunitario. Una serie di agenti infettivi cronici, in particolare micoplasmi, virus erpetici ed enterovirus, sembrano essere coinvolti nelle manifestazioni cliniche di ampli sottogruppi di pazienti, ma questi potrebbero costituire il risultato della disfunzione immunitaria stessa, oppure uno dei fattori che la alimentano, e di cui l’organismo non riesce a sua volta a liberarsi, come in un circolo vizioso
Anche il sistema nervoso centrale costituisce una intensa area di ricerca, ed è tuttora dibattuto quali, tra le molte anomalie riscontrate, siano da considerasi cause primarie oppure conseguenze della malattia.
Negli ultimi due anni due gruppi inglesi e i CDC americani affrontano il tema dell’espressione genica, come sta avvenendo per altre malattie, avvalendosi delle più moderne tecnologie, e dei polimorfismi genetici che potrebbero costituire la base “costituzionale” per lo sviluppo di questa forma.
ESISTE UNA CURA PER LA CFS?
Fino ad ora non è stata trovata una cura in grado di “guarire” in modo definitivo la malattia, anche se interventi farmacologici diversi hanno prodotto risultati parziali su sottogruppi distinti di pazienti.
Prodotti naturali che si sono mostrati particolarmente efficaci nei ridurre i sintomi sono integratori a base di magnesio , di acetil-carnitina e di coenzima-Q10.
Altri prodotti naturali che possono fornire energia rapida, ma purtroppo temporanea, sono a base di spirulina e di ashwagandha (ginseng indiano).
E’ importante anche il ricorso a terapie di supporto che aiutino il paziente ad accettare la propria condizione e dosare le proprie limitate risorse, con l’obiettivo di ottenere miglioramenti nel tempo.
Particolarmente importanza riveste la comprensione ed il supporto emotivo da parte di personale medico e dell’ambiente familiare.